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L’Eritropoietina (Epo) è un ormone prodotto in un soggetto adulto per il 90% dal rene e solo in piccoli quantitativi anche dal fegato che, invece, rappresenta la fonte principale durante la vita fetale. La funzione principale di questo ormone è quella di agire sul midollo osseo, l’organo deputato alla produzione del sangue nelle sue componenti "corpuscolate" (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine), stimolando in particolare la maturazione e la liberazione nel sangue circolante di globuli rossi maturi, capaci cioè di trasportare efficientemente l’ossigeno ai tessuti. L’ossigeno che respiriamo, infatti, solo in piccolissima parte viene trasportato come gas disciolto nel sangue, in massima parte viene veicolato proprio dai globuli rossi tramite una complessa ferro-proteina contenuta all’interno di queste cellule che è l’emoglobina, dotata di una particolare affinità per l’ossigeno.
L’ipossia, una diminuzione cioè della concentrazione (o tensione) di ossigeno nel sangue circolante, comunque indotta, rappresenta lo stimolo più importante nella modulazione della produzione di Epo nell’uomo ed esiste un efficiente meccanismo di controllo della produzione dei globuli rossi regolato proprio dall’apporto di ossigeno alle cellule renali deputate alla produzione di questo ormone. In pratica l’ipossia determina una serie sequenziale di eventi che portano, attraverso una maggiore produzione di Epo dal rene, all’aumento della produzione di globuli rossi con conseguente incremento della capacità ematica del trasporto di ossigeno allo scopo di consentire comunque, anche a fronte di una relativa ipossia ematica, un normale o almeno sufficiente apporto di ossigeno ai tessuti.
Dal 1985 L’Epo umana è diventata disponibile come "farmaco" grazie alle tecniche di biologia molecolare e di ingegneria genetica che hanno consentito di "clonare", cioè di riprodurre in laboratorio, il gene dell’Epo (localizzato sul cromosoma 7), di "inserirlo" in cellule vitali (cellule ovariche di criceto cinese) che sono diventate così una fonte inesauribile di eritropoietina umana cosiddetta "ricombinante" (rHuEpo). Dal 1989 è stato approvato l’impiego della rHuEpo per il trattamento dell’anemia di individui affetti da insufficienza renale cronica. La carenza di eritropoietina endogena infatti è oggi considerata la causa principale dell’anemia nell’insufficienza renale cronica e la disponibilità terapeutica di questo ormone ha nettamente migliorato la qualità di vita dei pazienti nefropatici, eliminando nella maggior parte dei casi il ricorso alla trasfusioni di sangue con i rischi ed i costi connessi a tale terapia di supporto, tanto che oggi sono più di 500.000 gli individui con malattia renale cronica trattati nel mondo con eritropoietina ricombinante.
Questo ormone può essere efficace anche nel trattamento di alcune anemie in pazienti non nefropatici anche se attualmente si ritiene che solo una piccola parte di questi pazienti tragga un reale beneficio.
Purtroppo il "farmaco" eritropoietina è stato ed è anche oggetto di un uso assolutamente improprio ed in particolare come mezzo di doping ematico nella pratica dello sport, soprattutto ma non solo, nelle specialità di resistenza ( ciclismo, maratona etc.) con lo scopo di rendere più efficiente il trasporto ematico dell’ossigeno attraverso un aumento, indotto da ripetute somministrazioni di rHuEpo, della massa eritrocitaria ( cioè dell’ematocrito), consentendo quindi "artificiosamente", ma anche pericolosamente, prestazioni fisiche nettamente più elevate. Pericolosamente perché l’uso, soprattutto improprio, di questo ormone a dosaggi elevati, quali quelli necessari per avere vantaggi in campo sportivo, può provocare seri e talora irreversibili danni all’organismo.
Alcuni effetti dannosi sono certamente correlati all’aumento della massa eritrocitaria con incrementi della pressione arteriosa e soprattutto della viscosità del sangue che può essere aggravata negli atleti, durante l’attività agonistica, dalla perdita dei liquidi con la sudorazione e relativa disidratazione, emoconcentrazione ed ulteriore incremento della viscosità. Può allora manifestarsi una vera e propria "sindrome da iperviscosità" che si manifesta con vertigini, cefalea, visione offuscata, angina, claudicazione fino alla possibile insorgenza di trombi, di "grumi" cioè di sangue, all’interno dei vasi sanguigni anche di organi vitali come il cuore con effetti drammaticamente immediati. A tal proposito deve far riflettere il dato epidemiologico che in coincidenza con la comparsa sul mercato europeo della rHuEpo, tra il 1987 ed il 1990, si siano verificate tra alcuni atleti (ciclisti europei) delle morti improvvise, spesso durante il sonno.
Ma esistono dei potenziali effetti nocivi della rHuEpo, meno immediati e meno noti ma non per questo meno pericolosi, che sono indipendenti dall’aumento dell’ematocrito.
A tale proposito è necessario sfatare una volta per tutte la errata convinzione che la pericolosità della somministrazione dell’Epo ricombinante sia esclusivamente legata all’ incremento dell’ematocrito a valori superiori al cosiddetto "valore soglia" del 50%. Intanto L’Epo sembra essere in grado di inibire alcuni fattori modulatori della coagulazione, come la proteina "S", per cui anche con valori bassi di ematocrito vi può essere una tendenza a formare trombi intravascolari. Ma il dato a mio avviso più importante deriva dalla considerazione biologica che L’Epo endogena, quella naturalmente prodotta dall’organismo, è capace di selezionare e di stimolare, nell’ambito del midollo osseo, solo quelle cellule più adatte a diventare "normali" ed efficienti globuli rossi, favorendo l’eliminazione di quelle fisiologicamente meno adatte. Esiste cioè nel midollo osseo normale una "morte programmata", definita apoptosi, tale che il 10-15% delle cellule non arriva a totale maturazione e muore precocemente nel midollo osseo. L’Epo ricombinante, il farmaco, invece non ha la capacità selettiva dell’Epo endogena, sicchè il processo di apoptosi naturale viene ad essere inibito ed anche cellule inadatte possono giungere a maturazione. Tutto questo può comportare il rischio, nei soggetti cui venga somministrata eritropoietina ricombinante, di sviluppare nel tempo gravi patologie quali la Policitemia, l’aplasia midollare fino alla possibile insorgenza di leucemie acute. Tali dati non sono il frutto di supposizioni teoriche ma provengono da segnalazioni della letteratura scientifica quale quella pubblicata sul n°98 della rivista scientifica "Blood" il 1 Dicembre 2001, relativa alla dimostrazione della eritropoietino-dipendenza della trasformazione in leucemia acuta di una malattia midollare cronica, di per sé a basso rischio leucemogeno, in un individuo dopo 6 settimane dall’inizio della somministrazione di eritropoietina ricombinante. Ma un’altra importante segnalazione proviene dal nostro Ministero della Salute che, d’accordo con Janssen-Cilag SpA, una delle case farmaceutiche produttrici di eritropoietina ricombinante, nello spirito della procedura europea di "URGENT SAFETY RESTRICTION" promossa dalla Francia al fine di aggiornare tempestivamente gli operatori sanitari in tema di farmacosorveglianza, ha pubblicato il 15 novembre 2001 una nota informativa riguardante il profilo di sicurezza di prodotti contenenti epoetina α (eritropoietina ricombinante). Tale nota afferma che "…..alla data del 15-settembre-2001 sono stati segnalati 40 casi accertati o sospetti di aplasia specifica della serie rossa…….la maggior parte delle quali verificatesi dopo il 1998.......Il caso tipico è rappresentato da soggetti che, a distanza di mesi o anni, dall’inizio del trattamento, hanno mostrato un improvviso peggioramento dell’anemia, resistente a progressivi incrementi della dose di eritropoietina…..L’aplasia specifica della serie rossa è stata confermata con l’esame del midollo osseo e nella maggior parte dei casi sono stati documentati nel siero anticorpi antieritropoietina. Molti di questi soggetti sono diventati dipendenti da trasfusione e non hanno risposto al trattamento con altre eritropoietine…..".
Tuttavia l’importanza della terapia con eritropoietina ricombinante non deve essere sminuita da quanto riferito. Infatti questo farmaco è certamente utile per la terapia dell’anemia dei pazienti affetti da insufficienza renale cronica per la sua dimostrata efficacia sia in termini di costo/beneficio che di costo/utilità. I casi segnalati di effetti nocivi gravi sono comunque rari e non devono creare eccessivi allarmismi o scoraggiarne l’uso "terapeutico". Naturalmente l’impiego dell’ormone deve essere attentamente monitorato nel tempo dal medico, dal nefrologo o dall’ematologo a seconda dei casi, modulando il trattamento in base alla risposta e sospendendolo laddove si dimostri inefficace o vi sia anche solo il sospetto della incipiente comparsa di effetti nocivi.
Un severo monito invece agli atleti, allenatori, commissari e a tutti coloro che ruotano intorno al mondo dello sport non solo professionistico ma anche amatoriale affinché vengano fatti tutti gli sforzi, organizzativi e di controllo, per scoraggiare l’uso improprio dell’eritropoietina ricombinante come mezzo di doping a causa dei pericoli per la salute sia immediati che a lungo termine che tale pratica può comportare.
Dr. Benedetto Ronci
Dirigente ematologo 1°livello
Azienda ospedaliera
S.Giovanni-Addolorata